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Date: Sun, 07 Jul 1996 22:30:27 +1000
From: sjwright-AT-vaxc.cc.monash.edu.au (Steve Wright)
Subject: (It) Intervista ad Alain Bihr (1/4)


Thanks to Pino Caputo and Cosimo Scarinzi, we now have a copy of the
interview with Alain Bihr which appeared in the most recent issue of
_Collegamenti/Wobbly_. I have included the first part of the interview
below, and will send the rest to those who request it. As soon as that
issue appears on the net at the Mercati Esplosivi site, Pino or I will
spread the word, and somewhat later (chi sa quando!) I will translate the
interview into English.

Bihr is very much in vogue across the Italian far left at present. While I
have read more *about* him than *by* him, his last book does *sound*
intriguing, and I would much appreciate hear the thoughts of others on the
subject.

Grazie a Pino Caputo e Cosimo Scarinzi, abbiamo l'intervista ad Alain Bihr che
e' uscita sull'ultimo numero di Collegamenti/Wobbly. E' divisa in
quattro parti la cui prima e' compresa in questo mail.

Steve

>-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_
>
>Da Collegamenti/Wobbly numero 2-3 nuova serie 1996
>
>Intervista ad Alain Bihr
>
>La presente intervista, qui in versione adattata e leggermente
>abbreviata, =CB stata raccolta a Torino nell=BCautunno del 1994, in
>occasione di un incontro con Alain Bihr. La lunga conversazione con il
>compagno di Strasburgo era incentrata sulle tesi da egli sostenute in
>un libro nel frattempo apparso in edizione italiana (=84Dall=BC=B4assalto al
>cielo=AA all=BC=B4alternativa=AA. La crisi del movimento operaio europeo=BE,
>Pisa, Edizioni Biblioteca Franco Serantini, 1995, pp.240). Per
>l=BCapprofondimento e l=BCelucidazione portata ad alcuni tra i punti pi=98
>stimolanti del libro, crediamo che l=BCintervista possa tuttora
>costituire oggetto d=BCinteresse e di dibattito. Le domande sono di
>Cosimo Scarinzi, Gianfranco Ragona, Oscar Mazzoleni.
>
>Domanda: Cosa intendi quando parli di =84socialdemocrazia
>autogestionaria=BE? Come valuti oggi le possibilit=FD di riuscita di
>questa opzione strategica rispetto alla prima volta che te ne sei
>occupato, alla fine degli anni =E570? In altri termini, in che senso
>credi possibile, nelle modifiche intercorse nel frattempo nelle
>societ=FD industriali avanzate, una fuoriuscita capitalistica dalla
>crisi attuale?
>
>Risposta: Quando ho iniziato sul finire degli anni =E570 (A.Bihr e J.-M.
>Heinrich, La N=C8o-Social-D=C8mocratie ou le Capitalisme autog=C8r=C8, Parigi,
>1980) ad occuparmi di quella che definimmo come ipotesi
>=84neosocialdemocratica=BE, il significato di questo concetto acquisiva
>significato all=BCinterno di una prospettiva per alcuni versi pi=98
>limitata rispetto a quanto invece ho cercato di argomentare nel libro
>sulla crisi del movimento operaio scritto circa dieci anni dopo. Il
>fenomeno che avevamo percepito quindici anni fa, e che poi sar=FD
>largamente confermato negli anni =E580, era un mutamento del ruolo dello
>Stato consolidatosi nei decenni precedenti nelle societ=FD
>capitalistiche avanzate. Dall=BCinizio del secolo, poi via via secondo
>la storia di ciascun paese considerato, avevamo assistito ad un peso
>crescente dello Stato nel svolgere compiti sempre pi=98 ampi e complessi
>nella sfera della regolazione sociale. In particolare dopo la seconda
>guerra mondiale e negli anni della crescita economica successiva le
>strutture dello Stato avevano ormai assunto un=BCessenziale funzione
>nella produzione del legame sociale nonch=C8 di regolazione
>dell=BCaccumulazione del capitale nazionale.
>Con la fine degli anni =E570 ci sembrava di essere posti di fronte ad
>una svolta storica. La nostra ipotesi considerava che il processo di
>istituzionalizzazione statuale del capitalismo si sarebbe ridefinito
>attraverso il recupero di aspirazioni, di forme e pratiche di
>autonomia emerse dalla societ=FD civile tra la fine degli anni =E560 e
>anni =E570: a quella nebulosa di movimenti e di pratiche che avevano
>avuto come punto di riferimento, bench=C8 in modo differenziato, l=BCidea
>di autogestione. Si trattava di una domanda sociale diffusa
>ravvisabile sia nelle lotte operaie sia nel movimento ecologista o
>antinucleare. Queste lotte erano l=BCespressione di una parte
>significativa della societ=FD che lottava per riconquistare
>quell=BCautonomia d=BCazione e di riflessione, progressivamente alienata o
>perduta nei decenni precedenti appunto all=BCinterno del processo
>d=BCistituzionalizzazione statuale del legame sociale.
>Per sua logica intrinseca, il processo di statalizzazione del
>capitalismo, nella forma che si era fin l=CF solidificata, non poteva
>non portare con s=C8 effetti perversi. In una logica del =84tutto allo
>Stato=BE portata all=BCestremo - laddove per=DA il capitale stava diventando
>da nazionale a transnazionale - ci si chiedeva in che modo e con quali
>conseguenze lo Stato avrebbe raccolto le nuove sfide imposte al suo
>ruolo di principale garante e gestore dell=BCaccumulazione
>capitalistica.
>A fronte di questo interrogativo sembr=DA utile proporre il concetto di
>=84neosocialdemocrazia=BE. Proprio la sinistra francese, quella che si
>defin=CF =84deuxi=CBme gauche=BE, la =84sinistra autogestionaria=BE, parve essere
>dotata di un progetto politico all=BCaltezza della crisi che si era
>innescata. Voleva andare al potere, indubbiamente non certo per fare
>la rivoluzione, ma per fare una sorta di rivoluzione nello Stato. Il
>progetto di quella sinistra sembrava il pi=98 funzionale al mantenimento
>di un ruolo centrale dello Stato, ma in forma diversa raggiunta
>attraverso un =84paradossale=BE processo di disimpegno e di delega di
>compiti di gestione amministrativa e politica. Questo per quanto
>concerne la fine degli anni =E570 e la salita al potere del socialisti.
>Ora, il limite di quell=BCipotesi cos=CF formulata era di non aver dato
>sufficientemente spazio alla dimensione economica, sottovalutando il
>peso della crisi economica nella trasformazione del ruolo dello Stato
>e nelle dinamiche sociali. Nel libro pi=98 recente sulla crisi del
>movimento operaio quest=BCipotesi =CB stata ripresa e perfezionata. La
>crisi del ruolo dello Stato, in questa riformulazione del problema,
>posta quindi in pi=98 stretta relazione alle contraddizioni dello
>sviluppo capitalistico, continua ad assumere notevole rilevanza:
>peraltro gli anni =E580 ci hanno consegnato un=BCamplificazione della
>crisi stessa.
>Tuttavia, la grande novit=FD degli anni =E580 =CB stato lo sviluppo di
>politiche neoliberiste in Europa occidentale in risposta alla crisi e
>in alternativa all=BCipotesi neosocialdemocratica. Di queste politiche
>non sono state ancora tirate le somma e per farlo senza semplicismi
>occorre a mio avviso considerare tre livelli distinti: quanto =CB stato
>propagandato, quanto realizzato effettivamente, e infine gli effetti
>prodotti da queste pratiche politiche. Anzitutto, il discorso del
>=84meno Stato=BE, quando messo in pratica (pensiamo solo alla =84corsa agli
>armamenti=BE dell=BCera Reagan) si =CB rivelato spesso diverso o antitetico
>al discorso formulato, comunque molto pi=98 socialdemocratico di quanto
>si era voluto far credere. Tra gli effetti poi, delle politiche
>neoliberiste realmente applicate, non si annovera solo la riforma
>dello Stato, ma pure un attacco contro il compromesso fordista, perno
>attorno a cui si era costruito il ruolo dello Stato fino agli anni
>=E570. Le politiche neoliberiste esprimono al contempo un capovolgimento
>dei rapporti di forza  tra capitale e movimento operaio acquisiti
>negli anni =E570, e un parziale ma significativo smantellamento del
>rapporto salariale fordista.
>Dopo anni di euforia i giudizi odierni da parte di alcuni settori del
>capitale in merito a questa profonda trasformazione appaiono pi=98
>prudenti. Un=BCincessante corsa al ribasso - sempre meno stato, sempre
>pi=98 deregolamentazione, sempre meno garanzie fornite dallo =84stato
>sociale=BE - non pu=DA che condurre, in ultima istanza, verso una
>catastrofe preceduta da una spirale deflazionista. Per continuare a
>funzionare e dominare il capitalismo =CB obbligato a porsi dei limiti
>all=BCinterno dei quali pu=DA agire, anche se in modo diverso da quanto
>invece era accaduto nel periodo fordista. Per funzionare, e perci=DA
>espandersi di continuo, deve ottemperare almeno a due condizioni: un
>tasso di profitto soddisfacente e una domanda sufficiente per
>assorbire le merci prodotte. Dopo i processi ristrutturativi degli
>anni =E580 i tassi di profitto sono ristabiliti - la situazione rispetto
>agli anni =E570 =CB perci=DA alquanto mutata - tuttavia non si sa pi=98 cosa
>fare della produzione eccedente.
>Il neoliberalismo ha insomma dato prova di non essere una soluzione
>alla crisi. E=BC in grado di gestirla ma non certo di consentirne una
>fuoriuscita. Questa era un=BCipotesi gi=FD maturata nella riflessione
>condotta alla fine degli anni =E570 e di cui ho parlato prima. Non ci si
>immaginava tuttavia che l=BCoffensiva neoliberista potesse sfondare
>tanto, perlomeno in questa forma.
>
>D: L=BCoffensiva neoliberista ha un doppio limite. Il primo - lo hai
>sottolineato - riguarda appunto la dimensione economica. Il secondo, =CB
>un limite di natura sociale. In un certo senso =CB come se,
>paradossalmente, il capitalismo abbia funzionato troppo bene. La
>societ=FD si =CB abituata, per il ruolo determinante assunto dalla grande
>impresa e dallo Stato, ad un grado di protezione e garanzie tali, nel
>quadro di uno specifico legame sociale che, le spinte associative
>provenienti dalla societ=FD civile si sono molto indebolite. Frantumato
>quel legame sociale nei processi di deregolamentazione sociale, il
>bisogno di far fronte alla sofferenza sociale, alla guerra di tutti
>contro tutti, ha condotto in chiave difensiva e reattiva alla ricerca
>di uno Stato autoritario, a forme di chiusura regionalistica e
>corporativa, terreni favorevoli allo sviluppo di politiche populiste.
>Perci=DA, gli esiti ultimi dell=BCoffensiva neoliberista si
>dimostrerebbero contraddittori rispetto alle premesse liberali. E
>queste tendenze autoritarie hanno ben poco che fare con il progetto
>neosocialdemocratico...
>
>R. Vorrei ritornare innanzitutto su quanto dicevo in merito al
>bilancio del neoliberalismo. Questo =CB stato, negli anni =E580 e dal
>punto di vista del capitale, indubbiamente una necessit=FD. Occorreva
>rompere il compromesso fordista per ristabilire un livello adeguato di
>profitti, allo stesso modo in cui doveva liberarsi di uno Stato che
>regolava i processi di accumulazione nazionale, ormai anch=BCesso
>inadeguato quindi eccessivamente costoso per la nuova fase di
>accumulazione. Come ogni ideologia liberista, essa scommetteva sul
>fatto che il mercato si regola da s=C8 medesimo. Bench=C8 oggi ci si renda
>vieppi=98 conto che a quest=BCassunto non corrisponda ad alcunch=C8 di
>reale, mancano tuttavia gli strumenti indispensabili per gestire la
>regolazione del processo di accumulazione del capitale in un quadro
>mondiale, e in ogni caso transnazionale e non pi=98 nazionale. Le
>odierne istituzioni transnazionali non sono adeguate a questo compito,
>mentre gli strumenti costituiti nella fase precedente e agenti sul
>piano nazionale, e che funzionavano ancora negli anni =E570 gi=FD con
>crescenti difficolt=FD, si sono ulteriormente indebolite in ragione
>dell=BCoffensiva neoliberista.
>Il secondo limite del neoliberismo riguarda senza ombra di dubbio
>l=BCistituzione del legame sociale. Il neoliberismo scommette sul fatto
>che i rapporti sociali possano essere riducibili ad uno scambio di
>merci. Sono d=BCaccordo: nella misura in cui il neoliberismo applicato
>comporta un deficit di legame sociale e nel contempo il vecchio legame
>sociale =CB (se non completamente) distrutto, allora il legame sociale
>si ricostituisce in modo reattivo, se non reazionario, nei movimenti
>populisti.
>Esiste per=DA anche un terzo limite del neoliberismo che occorre
>ricordare, una bomba a scoppio ritardato che sta dietro ad ogni
>problema: e cio=CB l=BCassoluta incapacit=FD, da parte dello stesso pensiero
>liberista, di fronteggiare la questione ecologica. La sola misura che
>rientrerebbe nei suoi propositi =CB una riduzione della natura a puro
>rapporto mercantile. Ogni qualvolta il neoliberismo prende mano ai
>problemi ecologici non fa che aggravarli. Questi sono un limite cos=CF
>evidente che il liberismo non lo percepisce neanche come tale.
>Avverte il primo dei limiti che abbiamo qui accennato. Quando i G7 si
>riuniscono la posta in gioco =CB infatti la gestione transnazionale del
>capitale e delle merci, anche se il neoliberismo impedisce il
>dispiegarsi di un rapporto inter-statale che superi realmente la
>logica del ciascun per s=C8. In settori pi=98 consapevoli delle classi
>dirigenti ci si rende conto della necessit=FD di un legame sociale pi=98
>solido e della presenza di un=BCinsufficiente solidariet=FD che va a
>discapito dello stesso ordine sociale. Al contrario, essi appaiono
>totalmente incapaci di prendersi carico, al di l=FD di qualche slogan,
>della sfida ecologica e delle catastrofi =84naturali=BE incombenti.
>

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