Date: Sat, 20 Jul 1996 11:02:42 +0200 (METDST) From: fam0393-AT-iperbole.bologna.it (Cyber Joker) Subject: Meridiani di desideri antagonisti - BENEDETTO VECCHI Meridiani di desideri antagonisti BENEDETTO VECCHI - E STATE 1995. I centri sociali lanciano, in ordine sparso, una campagna per la liberalizzazione della marijuana e dello hashish. Sono alcuni mesi che la discussione sulle droghe leggere ha superato le coorti dei collettivi di gestione, coinvolgendo "frequentatori" e "venditori di fumo". Il sentimento dominante =E8 che i centri sociali sono zone "libere" e quindi la "Maria", come viene affettuosamente chiamata la marijuana, non =E8 un problema. Ma le zone "libere" vogliono essere libere anche della presenza degli spacciatori, specialmente quando insieme alla "Maria" vendono qualcosa di altro: per questo la liberalizzazione del "fumo" =E8 un obiettivo politico ma anche l'approdo obbligato di una cultura libertaria che da sempre ha considerato innocua la cannabis e i suoi derivati, incoraggiandone la produzione in proprio. E' in questo clima - l'estate del '95 registra anche un accoltellamento di un giovane bolognese al "Livello 57" da parte di alcuni spacciatori - che nascono le iniziative milanesi di "Marijuna e altre storie" e "Piantatela", organizzate da Cox18 e il Leoncavallo. Ma la campagna per la liberalizzazione diventa l'occasione per un'indagine sui frequentatori dei centri sociali: quali lavori svolgono, come sono arrivati al centro sociale, quale rapporto hanno con la droga, qual =E8 il livello di istruzione, e via di seguito. E' la classica inchiesta, il mitico strumento per conoscere la realt=E0 inseguito dai centri sociali in tutta Italia, che a Milano =E8 stato raggiunto grazie alle relazioni personali che alcuni dei giovani hanno con i ricercatori del Consorzio Aaster. Il questionario viene steso e distribuito: le risposte sono tante - oltre 1500 - e la loro elaborazione statistica =E8 a carico dell'Aaster. Una stesura sofferta Dopo un anno l'inchiesta =E8 diventata un libro (Centri sociali: geografie del desiderio, Shake edizioni, pp. 187, L. . 25.000), la cui stesura =E8 stata "sofferta" come sempre accade quando i dati statistici devono lasciar il posto all'interpretazione, ma anche perché il tempo ha continuato a tessere la sua tela e per alcuni dei co-protagonisti della ricerca molte, troppe cose sono cambiate dall'inizio dell'inchiesta: in particolar modo =E8 la discussione sul "che fare" che ha seguito percorsi tortuosi, cacciandosi spesso in vicoli ciechi; basti pensare al tormentone sul terzo settore, sovraccaricato di significati, al punto che alcuni lo hanno considerato la strada maestra per la fuoriuscita dal capitalismo. Per questo, saggiamente, i curatori del libro hanno chiesto all'Aaster, a Cox18 e al Leoncavallo di dire la loro in tre differenti saggi, mentre il resto del libro =E8 composto dalla ricostruzione fotografica della storia dei due centri sociali milanesi e da un fulminante saggio di Primo Moroni che ripercorre il rapporto tra lo spazio metropolitano e l'insediamento politico a Milano in questi ultimi venti anni. Va subito notato che i risultati della ricerca demoliscono l'idea che i centri sociali siano un luogo della marginalit=E0 sociale: gran parte dei frequentatori svolge un lavoro, tanto nella sua versione salariata classica che in quella meno indagata del lavoro autonomo sans phrase. Inoltre =E8 alto il livello di istruzione, con percentuali niente affatto disprezzabili nella frequentazione dell'universit=E0. Articolato =E8 anche il giudizio sulla natura dei centri sociali: molti lo considerano un luogo ricreativo, ma anche un gruppo di impegno sociale e un luogo di iniziativa politica. Nell'introduzione viene per=F2 detto esplicitamente che l'interpretazione dei dati relativi a questa domanda ha visto Cox18, il Leoncavallo e l'Aaster su posizioni diverse. C'=E8 infatti chi vede una marcata distanza tra le assemblee di gestione e i frequentatori dei centri sociali; chi sostiene che i centri sociali soddisfano un bisogno diffuso di socialit=E0 e che l'adesione politica viene in secondo luogo; chi, invece afferma che le dicotomie tra gestori e frequentatori e tra sociale e politico sono espressione di una cultura vetusta dell'agire politico che sottovaluta le novit=E0 inerenti alla forma "centro sociale". Non =E8 certo una novit=E0 che fin dalla loro orgine i centri sociali siano da considerare "inclassificabili", perché sono sempre stati contemporaneamente luoghi dell'entertainment, centri di iniziativa politica e gruppi di impegno sociale. Anzi, =E8 proprio questa convivenza tra azione politica, pratica sociale e produzione culturale che ha reso incerto, e tutto sommato insignificante, ogni tentativo di definizione rigorosa. Innovativi atelier In fondo, gi=E0 i conflitti degli anni Settanta avevano incrinato le contrapposizioni tra sociale e politico e messo alla berlina le classiche distinzioni tra avanguardia e masse, specialmente quando, nel Settantasette - primo vero spartiacque nella storia dei centri sociali - una mutata composizione della forza-lavoro aggred=EC conflittualmente l'ordine capitalistico e la cultura politica del movimento operaio non solo sul piano politico, ma anche nelle forme di vita e di produzione culturale che, in una breve stagione, speriment=F2. Semmai, oggi, il quesito a cui dare risposta =E8 relativo a quali forme dell'agire politico antagonista sviluppare, valorizzando al tempo stesso tanto l'"iniziativa sul terriorio" che la capacit=E0 dei centri sociali di essere atelier innovativi della produzione culturale. Tuttavia, i centri sociali hanno rispecchiato - spesso loro malgrado - i mutamenti sociali e produttivi che negli anni Ottanta hanno trovato nelle metropoli laboratori permanenti per la loro messa in opera. Come spiegare infatti le indicazioni sulla collocazione professionale se non come un indicatore della composizione della forza-lavoro nel postfordismo? oppure come leggere la forte preferenza data alla socialit=E0 quale motivo di frequentazione dei centri sociali se non come un bisogno di opposizione all'anomia che contraddistingue la vita metropolitana? Infine, quale senso dare alla differenza di genere che si riflette in maniera esplicita nelle risposte relative alla vita in famiglia o al desiderio di autonomia espresso dalle donne intervistate? Quesiti che, va segnalato, sono considerati in tutti i saggi una ricchezza da non disperdere, né relegare a una sorda parzialit=E0 o al solipsismo del proprio punto di vista. Cos=EC, mentre il Leoncavallo considera i centri sociali un luogo dove sperimentare forme di "ricomposizione politica" della forza-lavoro dispersa e frammentata, Cox18 vede nella socialit=E0 il valore aggiunto dei centri sociali: un prezioso humus su cui far germogliare e crescere forme innovative di produzione culturale e financo produttive. In altre parole, per Cox 18 i centri sociali sono veri e propri "spazi/laboratori" che permettono la "reinvenzione del territorio" di fronte al "potere del capitale". Ci=F2 detto, =E8 altrettanto evidente che l'esperienza dei centri sociali =E8 a un punto di svolta dopo la stagione della resistenza - nel libro sono ricordati anche gli sgomberi che nel 1989 hanno colpito sia il Leoncavallo che Cox18 - e del diritto alla sopravvivenza. Camere dei lavori Va comunque ricordato che molte ipotesi per affrontare il giro di boa sono spesso rimaste mere suggestistioni, da quella di trasformare i centri sociali in camera dei lavori metropolitani per accogliere la costellazione della forza-lavoro post-fordista, a quella pi=F9 dibattuta, e contrastata, dell'impresa sociale. Ma se queste ipotesi sono, in molti casi, rimaste sulla carta, hanno comunque avuto il merito di aver permesso un salutare cortocircuito tra i centri sociali e una "intellettualit=E0 critica" che del postfordismo ha fatto la sua bestia nera. L'ultimo biennio sono stati infatti anni di incontri e seminari che hanno portato nei centri sociali tematiche spesso aliene alla loro quotidianeit=E0 - come il lavoro autonomo, il terzo settore, la crisi del welfare - che li hanno portati a "constestualizzare" la loro esperienza all'interno del passaggio dal fordismo al postfordismo. Irriducibili alle definizioni E' solo in questo contesto che pu=F2 essere spiegato l'irriducibilismo dei centri sociali a qualsiasi definizione. Non =E8 infatti solo un problema di autoreferenzialit=E0 o di "cultura del ghetto" che inibisce la definizione analitica, quanto un'incertezza sul da farsi, un cauto guardarsi intorno, nella speranza che qualche cosa avverr=E0. Certo, tanto l'autoreferenzialit=E0 che la cultura del ghetto sono due vizi duri a morire, ma, come emerge anche dal titolo del libro, i centri sociali sono comunque espressione di una geografia del desiderio e del rifiuto: deisiderio di spazi liberi e autogestiti in cui sperimentare nuove forme di vita, ma anche rifiuto del lavoro salariato in tutte le sue forme, compresa quella "modernissima" del lavoro autonomo; desiderio di valorizzare una cooperazione sociale che, nell'agire comunicativo informale dei centri sociali, manifesta la sua ricchezza e constestuale rifiuto di una sua messa al lavoro da parte dell'impresa post-fordista. Certo, questo accumulo di pensiero critico non =E8 il primo vagito del "soggetto politico" auspicato nello scritto del Leoncavallo, né il primo passo per iscrivere i centri sociali nell'album delle istituzioni predisposte alla ricostruzione del "legame sociale" distrutto dalla produzione postfordista. Il primo esito ha infatti bisogno di ben altre intenzionalit=E0, a meno che non si pensi alla formazione di un un soggetto politico come a una combinazione alchemica tra esperienze sociali molto diverse; il secondo approdo =E8 come pensare ad un esercito della salvezza che, invece di cantare le lodi del signore e della misericordia cristiana in abito blu, spinga alla solidariet=E0 con un rap militante indossando vesti multicolori. Piuttosto questo accumulo di pensiero critico pu=F2 essere considerato come una cornice analitica per un agire politico conflittuale che nella scelta delle proprie priorit=E0 valorizzi la specificit=E0 dei centri sociali, in quanto laboratori culturali, gruppi di impegno sociale e, perché no, prodromi di un cooperazione sociale sganciata dal lavoro salariato. Al di fuori di questo, c'=E8 la continua tentazione di ripercorrere il percorso gi=E0 fatto, assegnando ai centri sociali una parzialit=E0 certo rilevante e esemplificativa delle forme di vita metropolitana, ma buona solo per rinverdire gli archivi della fondazione Ernesto De Martino sulle classi subalterne. ------------------------------------------------------------------------- ECN Bologna (European Counter Network) modem 051-520986 Controinformazione Antagonista ++++ stop the execution of Mumia Abu-Jamal ++++ e-mail fam0393-AT-iperbole.bologna.it http://www.geocities.com/Hollywood/2656 ### B O Y C O T T S H E L L ### - remember Ken Saro Wiwa ------------------------------------------------------------------------- --- from list aut-op-sy-AT-lists.village.virginia.edu ---
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